Giovedì 18 luglio alle ore 19, al DoubleRoom arti visive di Trieste, si terrà l’intima performance interattiva di Annalisa Cattani “Stumm”, un’azione unica in cui il pubblico è invitato a riflettere sui silenzi prodotti nella propria vita indossando un casco mobile stimolatore realizzato con Massimo Moretti Co.. La parola tedesca stumm significa infatti muto, e l’artista bolognese l’ha scelta proprio per la sua forte sonorità, creando così un ossimoro visivo volto a ribadire quanto ogni silenzio possa essere assordante.
L’iniziativa si inserisce nell’ambito dell’articolata rassegna 35 performance del Gruppo78, curata da Maria Campitelli in collaborazione con Massimo Premuda, in cui ampio spazio è stato dato al primo omaggio dedicato al grande artista austriaco Otto Mühl, scomparso di recente, e invitato nel 1978 a Trieste da ArteQuattro e Maria Campitelli per una serie di performance insieme ad Hermann Nitsch per presentare le azioni dell’Azionismo viennese in città. In mostra infatti, oltre a lettere originali e articoli d’epoca, sono esposte anche opere realizzate da Mühl nel periodo trascorso in città e le fotografie scattate da Mario Sillani Djerrahian e Fabio Balbi che documentano le performance di Mühl e Nitsch a Trieste.
STUMM (muto) performance interattiva di Annalisa Cattani
Un caschetto stimolatore muove il cuoio capelluto permettendo un processo di concentrazione e rilassamento, al fine di intraprendere meglio un percorso di psicodinamica indicato per cercare un luogo interiore in cui concentrarsi ad occhi chiusi su di un silenzio significativo.
La performance si fa percorso e rituale di ricerca sul sé attraverso esperienze condivise. In particolare, in quest’occasione, ci si concentrerà sul tema del silenzio e del monologo interiore come modalità di rielaborazione di esperienze irrisolte. I partecipanti vengono invitati a fare memoria di momenti in cui non sono stati in grado di gestire le relazioni interpersonali trovandosi di fronte all’impossibilità di replicare o imponendo ad altri il silenzio come soluzione.
Il silenzio, visto spesso come momento di relax e di pace interiore, è stato spesso in realtà un modo sbrigativo ed efficace per risolvere i conflitti, e in ambito di gender il “non dare la parola” è stato uno dei modi indiretti con cui alle donne non è stato concesso lo spazio adeguato. Si chiede pertanto, al fine di questa esperienza, di condividere delle storie e di interlacciarne la narrazione lasciandone traccia su di un quaderno.
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