LE SFINGI DI LEONOR FINI di Corrado Premuda

20171219_leonor_fini_sfingi01 1Una serie di fotografie, di epoche diverse, testimonia la passione, durata una vita, di Leonor Fini per la sfinge. La prima foto ritrae Leonor bambina, forse a otto anni, seduta a cavalcioni sulla piccola sfinge egizia di granito, posta all’estremità del molo del castello di Miramare, vicino a Trieste. Un secondo scatto, datato 1951 e firmato dal pittore Adrien de Menasce, vede Leonor posare davanti alla grande sfinge di Giza in occasione di un viaggio in Egitto durante il quale conosce il principe Hassan Aziz Hassan di cui dipinge un celebre ritratto. Altre foto, della fine del Novecento, mostrano il salotto della casa parigina dell’artista, pieno di soprammobili a forma di sfinge e il giardino della sua residenza di campagna a Saint-Dyé-sur-Loire abbellito da statue della figura mitologica.

Dalla fine degli anni Trenta la sfinge entra a far parte dei soggetti disegnati e dipinti da Leonor Fini. Nella sua visione, questo essere mantiene i tratti enigmatici e pericolosi ma punta soprattutto sull’ambiguità, sull’ibrido tra donna e animale, diventa guardiano androgino della vita, custode, emblema di una potenza femminile che può minacciare l’uomo se non debitamente riverito e coccolato come si fa coi gatti. La sfinge dell’artista triestina, anche nella variante greca con testa e busto femminili, ali di uccello e corpo di leone, viene declinata di volta in volta come personaggio fiabesco dal viso di bambina, grottesco nelle fattezze di scheletro, o inquietante per la scelta di farne un autoritratto seduttivo e capriccioso. In ogni caso la creazione di Leonor Fini è sì un demone attraente, affascinante che mescola valenze spirituali e sessuali ma si lascia anche addomesticare e questa intuizione è colta fin dai tempi dell’infanzia quando la futura pittrice offriva, con fare complice, alla statua di granito rosa di Massimiliano d’Asburgo i biscotti destinati ai cigni del laghetto.

La sfinge di Leonor Fini diventa terrena e docile se già nei quadri dei primi anni Quaranta acquista addirittura un nome, in qualche caso Amauri, in altri Amalburga. Questi personaggi appaiono anche in un’opera narrativa dell’artista, il romanzo Murmur: “Amalburga, Amauri, belle sfingi della mia infanzia, è probabile che ora ve ne stiate con le zampe nell’acqua a compatirmi perché non sono veramente immortale come voi.” Nel racconto Amalburga, una fiera dai capelli di rame scortata da sette demoni, declama tragica alcuni versi in tedesco di Hugo von Hofmannsthal e poi intona con la sua roca voce da baritono l’aria Casta diva.

Vicina al pensiero dei Surrealisti, la sfinge di Leonor Fini non è più quella della tradizione greca ed egizia ma incarna piuttosto l’interpretazione romantica dell’Ottocento. A conquistare l’artista triestina è la natura ibrida dell’animale fantastico, il suo essere femmina temibile e degna di rispetto, il suo potenziale di gioco con l’equivoco, in bilico tra bizzarrie e innocenza, tra mistero e istinto: un bel mostro in cui l’elemento umano si sposa con quello felino mitologico. Nella sua pittura la sfinge è l’emblema stesso della metamorfosi e della sessualità femminile che spaventa l’uomo. Non a caso Peter Webb ha intitolato la versione inglese della sua biografia di Leonor Fini Sphinx.
Corrado Premuda

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Leonor Fini (1907-1996) si è dedicata a diversi campi dell’arte: pittura, incisione, scenografia e costumi per cinema e teatro, design, illustrazione, scrittura. Nata a Buenos Aires e cresciuta a Trieste nei primi decenni del Novecento, ha scelto di vivere a Parigi dove ha saputo costruire una lunga e fortunata carriera. Nei suoi quadri crea atmosfere a volte drammatiche, a volte ironiche, riuscendo a raccontare storie dai tratti fantastici. I suoi soggetti preferiti sono figure femminili e giovani uomini addormentati, immagini mitologiche, gatti, sfingi, animali misteriosi, crani, maschere. Negli ultimi anni in Europa si sono tenute molte mostre di sue opere, la più completa è stata organizzata al Museo Revoltella.

piccola bibliografia
Fini, Leonor, Murmur. Fiaba per bambini pelosi, traduzione e cura di Corrado Premuda, Edizioni Arcoiris, Salerno 2014.
Masau Dan, Maria (a cura di), Leonor Fini. L’italienne de Paris, Museo Revoltella, Trieste 2009.
Premuda, Corrado, Quella Trieste cosmopolita di Leonor Fini: dalla sfinge di Miramare al volo a Parigi, in “Il Piccolo”, Trieste, 7 febbraio 2008.
Premuda, Corrado, Un pittore di nome Leonor. Da Trieste a Parigi: la scatenata gioventù di Leonor Fini, Editoriale Scienza – Giunti, Trieste – Firenze 2015.
Scappini, Alessandra, Il paesaggio totemico tra reale e immaginario, Mimesis, Sesto San Giovanni (Milano) 2017.
Webb, Peter, Sphinx: the Life and Art of Leonor Fini, The Vendome Press, New York 2009.
filmografia
Penco, Giampaolo, Premuda, Corrado, Mais où est Leonor?, Trieste Contemporanea – Videoest, Trieste – Parigi 2009.

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11 gennaio > 30 marzo 2018
SFINGI ARCANE
Leonor FiniNika FurlaniElettra MetallinòUgo Pierri Damir Stojnić
a cura di Massimo Premuda
con la collaborazione di Denis Volk
nell’ambito di VARCARE LA FRONTIERA #5 atlantidi. identità sommerse
a cura di Mila Lazić e Massimiliano Schiozzi
promosso dall’associazione Cizerouno
sostenuto dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
in collaborazione con Trieste Film Festival-Alpe Adria Cinema

DoubleRoom arti visive
via Canova 9, 34129 Trieste
lunedì > venerdì 17-19
349 1642362 – doubleroomtrieste@gmail.com
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